Abbazia di Pomposa (3m. s.l.m.)
Porto Garibaldi (2m s.l.m.)
dislivello: ↑12m ↓13m
lunghezza: 25 km
tempo: 6h
Collegamenti: pista ciclabile “Venezia – Ravenna »
Per i referenti percorsi, posto tappa, e timbrature consultare la pagina contatti
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È la prima tappa del cammino Viae Misericordiae, è praticamente tutta pianeggiante ed attraversa zone molto diverse tra loro. Dall’Abbazia di Pomposa nel comune di Codigoro si percorre in direzione est la strada della bonifica di valle Giralda per arrivare alla vecchia Via Vecchia Corriera che era la prima strada della zona limitrofa al Boscone della Mesola tra dossi e valli, girando a dx verso sud in direzione Volano. Attraverseremo un ponte sull’idrovora della Falce, località Taglio della Falce, toponimo che richiama la forma della Sacca di Goro che si incunea nel Boscone della Mesola. Si prosegue nello stupendo residuo vallivo chiamato Porticino, per arrivare, lasciando a sx la chiesa di forma esagonale in località Volano spesso chiusa ma in Abbazia di Pomposa possono indicare le aperture e attraverso il Po di Volano, si arriva al lido di Volano nel comune di
Comacchio. Gireremo a sx in direzione est per arrivare nel bosco di Volano, che era parte del bosco della Mesola che proseguiva dopo il Taglio della Falce. Non percorreremo tutta la strada che porterebbe sulle spiagge ma gireremo a dx verso sud nel sentiero forestale che attraversa il bosco perpendicolarmente. Non vedremo spesso il cielo perché sommersi dai pini marittimi, querce e lecci, non bisogna essere particolarmente fortunati ma silenziosi per vedere branchi di cervi e caprioli che vivono nel bosco. Arriveremo o meglio sbucheremo sul mare, qui naturale. Questo itinerario prevede il passaggio al lido delle Nazioni seguendo la spiaggia per evitare la strada e secondo il periodo e il traffico vacanziero. Costeggeremo la spiaggia sempre in direzione sud passando dal Lido delle Nazioni, Lido di Pomposa Lido degli Scacchi per arrivare a Porto Garibaldi. Risaliremo dalla spiaggia per immetterci in via dei Mille girando a ovest per un piccolo tratto per girare nel
sentiero a sud che porta in via Salemi, la percorreremo tutta arriveremo in via Giuseppe Bandi poi in via Giovane Italia, arriveremo in via Mentana, gireremo a sx poi a dx imboccando via Nino Bixio via Maggiore Leggero e via Caiazzo ci porteranno in via Nino Bonnet, gireremo a dx e in cento metri saremo arrivati al termine della tappa, presso la Chiesa Madonna del Mare.
Dove alloggiare e ristorarsi, prendere le timbrature, materiali utili.
Abbazia di Pomposa: possibilità di dormire; con la possibilità di due locali da 7 posti letto con bagni e cucina. Chiamando: « I Frati Ricostruttori nella Preghiera« , per le timbrature recarsi negli orari di apertura nell’ufficio parrocchiale.
Abbazia di Pomposa:
Abbazia di Pomposa, Via Pomposa Centro, 10
Codigoro
FE 44034
http://www.iricostruttori.com/ricerca-nelle-regioni/emilia-romagna/abbazia-di-pomposa-codigoro-ferrara
Referente percorso: Umberto Carli
Ufficio informazioni e accoglienza turistica: 0533 719110
Luoghi di interesse
Pomposa. L’insula Pomposiana, conosciuta già nell’antichità, era in origine circondata dalle acque (del Po di Goro, del Po di Volano e del mare). Si hanno notizie di un’abbazia benedettina, di dimensioni inferiori a quella attuale, a partire dal IX secolo, ma l’insediamento della prima comunità monastica nell’Insula Pomposiana risale al VI-VII secolo, fondato in epoca longobarda dai monaci di San Colombano che vi eressero una cappella. Il primo documento storico che attesti l’esistenza dell’abbazia è comunque del IX secolo: ne fa menzione il frammento di una lettera che papa Giovanni VIII inviò all’imperatore Ludovico II.
Sappiamo inoltre che nel 981 passò alle dipendenze del monastero pavese di San Salvatore, e che diciotto anni più tardi subiva la giurisdizione dell’Arcidiocesi ravennate, affrancandosene in seguito e godendo, grazie a donazioni private, un periodo di grande fioritura.
L’abbazia che noi oggi ammiriamo venne consacrata nel 1026 (quindi edificata prima) dall’abate Guido. Alla basilica il magister Mazulo aggiunse in quegli anni un nartece con tre grandi arcate.
Fino al XIV secolo l’abbazia godette di proprietà, sia nei terreni circostanti (compresa una salina a Comacchio), sia nel resto d’Italia, grazie alle donazioni; poi ebbe un lento declino, dovuto a fattori geografici e ambientali, quali la malaria e l’impaludamento della zona, causato anche dalla deviazione dell’alveo del Po (rotta di Ficarolo, 1152).
Ebbe una grande importanza per la conservazione e la diffusione della cultura durante il Medioevo, grazie ai monaci amanuensi che vi risiedevano. In quest’abbazia il monaco Guido d’Arezzo ideò la moderna notazione musicale e fissò il nome delle note musicali. Fra il 1040 e il 1042 vi soggiornò anche il ravennate Pier Damiani, chiamato a istruire i monaci.
Nel 1653 papa Innocenzo X soppresse il monastero, che nel 1802 venne acquistato dalla famiglia ravennate Guiccioli. Alla fine del XIX secolo la proprietà passò allo Stato italiano, è attualmente in gestione al Polo museale dell’Emilia Romagna. E per i dettagli consultare il sito regionale EMILIA ROMAGNA TURISMO, sito ufficiale di informazione turistica della regione; www.emiliaromagnaturismo.it
Bosco della Mesola
La Riserva Naturale del Gran Bosco della Mesola, con una superficie di 1.058 ettari, rappresenta uno degli ultimi e meglio conservati residui di bosco di pianura, memoria delle antiche foreste che si trovavano fino a qualche secolo fa lungo la costa adriatica.
Originatosi presumibilmente nel Medioevo su cordoni dunosi formati dal Po di Goro e dal Po di Volano, il Bosco della Mesola è oggi la più estesa area boschiva del ferrarese. Il terreno è di origine alluvionale e presenta un andamento irregolare, sintomo della presenza di antiche dune, che a tratti formano dei ristagni d’acqua, con vegetazione palustre. Un tempo il bosco, essendo circondato da paludi, accoglieva numerose varietà di uccelli, tipici delle zone umide; la drastica riduzione della fauna, causata dalle opere di prosciugamento, è stata frenata con la realizzazione di una zona umida all’interno del bosco, chiamata Elciola, chiusa generalmente al pubblico dove trovano rifugio anatidi e aironi.
Note per la visita: Il bosco non è interamente visitabile, ma i percorsi autorizzati consentono di avvistare cervi e daini. Si può accedere a piedi o in bicicletta.
Nel bosco è presente un percorso didattico di circa 500 metri per non vedenti, attrezzato con un corrimano e tabelle in alfabeto braille che aiutano a comprendere le varie specie vegetali e faunistiche presenti nell’oasi.
Bosco di Volano
L’ambiente.
Il comprensorio individuato comprende l’area della foce del Po di Volano dal ponte di Volano allo sbocco in Sacca di Goro e l’ambiente, denominato Peschiere, è ciò che rimane della porzione meridionale della ex Valle Falce. L’apparato di foce del Po di Volano si articola in due rami, entrambi rivolti verso nord-est, ossia verso l’interno della Sacca di Goro. Il ramo più orientale è stato recentemente separato da Volano e suddiviso in tronchi, con precarie intercomunicazioni, il ramo occidentale è la foce oggi attiva e lambisce, con la sua riva sinistra, le Peschiere. Queste sono una palude salmastra in diretto contatto col mare presso il Taglio della Falce. Il Taglio della Falce è costituito da un’insenatura marina situata immediatamente a nord della foce del Volano e che limita a S il Bosco della Mesola. Rappresenta la bocca lagunare attraverso cui la Valle Giralda (bonificata nei 1960) e la Valle Falce (prosciugata nel 1969) comunicavano con la Sacca di Goro e quindi con il mare.
Il prosciugamento di Valle Falce ha causato un forte abbassamento della falda acquifera e la conseguente morte degli esemplari più vetusti del limitrofo Bosco della Mesola. Quest’ultima palude (assieme ad altri due piccoli stagni adiacenti alla Valle Canevié) costituisce l’Oasi di Foce Volano. Le acque hanno salinità in genere piuttosto bassa perché, nonostante l’area sia in comunicazione con la bocca a mare della Sacca di Goro, risentono molto dell’apporto di acqua dolce dal Po di Volano (Bondesan in Corbetta 1990).
La flora
La Foce del Po di Volano, le Peschiere e il Taglio della Falce, sono caratterizzati da canneto alofilo e da pochi specchi di acque aperte, sono inoltre presenti praterie. a Nell’area al confine con il Taglio della Falce, un prato salso accompagnato da una piccola macchia termofila dominata da leccio. (Corticelli 1999, Pellizzari e Pagnoni 1998).
La fauna.
Nei canneti della foce (zona Peschiere) è insediata una delle colonie di airone rosso più importanti d’Italia (210 coppie). Il Po di Volano è un’importante zona di risalita per la cheppia (Alosa fallax ssp. nilotica). Inoltre, nel tratto di acqua dolce vive un abbondante popolamento di triotto, mentre alla foce sono presenti ghiozzetto cenerino e ghiozzetto di laguna. Nei canneti nidifica anche il falco di palude (Costa 1998).
Per la visita
Un percorso turistico naturalistico attualmente non gestito permette di andare dalla punta NE di Porticino passare a S del Taglio della Falce fino e costeggiare le Peschiere fino al ponte di Volano. Un pista ciclabile si sviluppa lungo l’argine da Passo Pomposa fino a Torre della Finanza.
Porto Garibaldi
chiamata Magnavacca frazione di Comacchio con circa 4000 abitanti. Il vecchio toponimo derivava presumibilmente dal latino Magno Vacuum, Il Grande Vuoto. Per Rione Magnavacca si intende il più antico quartiere dell’attuale Porto Garibaldi, che in età romana si chiamava Magnum Vacum, poi in epoca medioevale mutò in Portum Majavache, e intorno al diciassettesimo secolo di Magnavacca ed infine nel 1919 in Porto Garibaldi, in onore dello sbarco e suo salvamento di Giuseppe Garibaldi e Anita (3 agosto 1849).
Intorno al 1600 sorsero i primi fabbricati in muratura, fra questi: la torre di guardia detta Torre Bianca o Torre Lambertini, il Bettolino, la casa del Conte Ciabatta (governatore del porto), quella del Dazio, dell’operatore del Faro, i magazzini del sale, più alcuni pozzi per l’approvvigionamento di acqua dolce per i residenti e per i pescatori che lì approdavano e chiunque altro ne facesse uso.
Nel secolo XIX si eresse il fabbricato della Dogana, Delegazione di Porto e le abitazioni dei possidenti di fondi agricoli come la nuova Chiesa Parrocchiale, il Circolo Mazzini, le scuole elementari ed altre srutture. (detti Casoni).
Comacchio « … la città ch’in mezzo alle piscose paludi, del Po teme ambe le foci, dove abitan le genti disiose che ‘l mar si turbi e sieno i venti atroci. »(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, III, 41)
è, sotto l’aspetto paesaggistico e storico, uno dei centri maggiori del delta del Po. Ha origine circa duemila anni fa, durante la propria storia fu assoggettata al potere dell’Esarcato di Ravenna prima, del Ducato di Ferrara in seguito, per poi tornare a far parte dei territori dello Stato Pontificio.
L’etimologia del nome è incerta (greco-latino cumaculum= « piccola onda »; « raggruppamento di dossi » in etrusco). La fondazione viene attribuita agli Etruschi, che erano già stanziati nel Delta del Po. Vicino a Comacchio si trovava infatti la città etrusca di Spina.
Sorta sull’unione di tredici piccole isole (cordoni dunosi litoranei) formatisi dall’intersecarsi della foce del Po di Primaro col mare, Comacchio ha dovuto orientare il proprio sviluppo, sia sul piano dell’urbanistica sia su quello dell’economia, sull’elemento acqua.
In seguito alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Comacchio entrò a far parte dell’Esarcato d’Italia. Il primo vescovo della città di cui si ha memoria fu Pagaziano (menzionato nel 503 e nel 504). Comacchio passò poi sotto il Regno Longobardo dopo il Capitolare di Liutprando del 715 (in cui vengono descritte le norme e le tasse a carico dei comacchiesi per poter esercitare il commercio del sale nelle regioni della Pianura padana sottomesse all’autorità longobarda).
In epoca longobarda il territorio venne donato ai monaci di san Colombano; divenne così un possedimento del grande Feudo monastico di Bobbio. I monaci vi installarono il porto fluviale, inoltre svilupparono l’agricoltura e l’allevamento. Infine migliorarono lo sfruttamento delle saline, il cui sale era trasportato in tutto il nord d’Italia. Tra i secoli dal VI al IX Comacchio dispose di una delle più potenti flotte dell’Adriatico entrando direttamente in concorrenza con Venezia.
Ma Venezia non accettò la presenza di un’avversaria nella stessa area geografica. Nell’anno 866 i veneziani occuparono Comacchio e la saccheggiarono una prima volta. Nell’875 Venezia stessa fu minacciata dalle incursioni dei saraceni, i quali si scagliarono contro Comacchio, incendiandola.
Comacchio nel 1299 passo sotto il dominio degli Estensi fino al 1598 ritornò sotto la giurisdizione della Chiesa, che la pose nella neonata Legazione di Ferrara. Comacchio fece parte dello Stato Pontificio fino al marzo 1860, quando i territori delle ex Legazioni furono annessi al Regno di Sardegna per effetto dei plebisciti.
Luoghi d’interesse
I ponti sono l’elemento qualificante del centro storico di Comacchio, dato che il centro abitato antico sorgeva su piccole isole collegate le une alle altre.
« Complesso architettonico dei Trepponti. » Creato nel 1634 dall’architetto Luca Danesi, è costituito da cinque ampie scalinate (tre anteriori e due posteriori), culminanti in un piano in pietra d’Istria; è il simbolo di Comacchio.
Ponte degli Sbirri, secentesco.
Palazzo Bellini, ottocentesco, ospita la Galleria d’Arte Contemporanea, l’Archivio Storico, la biblioteca e gli uffici dell’assessorato alle istituzioni culturali.
Museo del « Carico della Nave Romana », ospita il carico di una nave commerciale di epoca imperiale, riemersa nel 1981 durante i lavori di drenaggio di un canale. La nave, in eccezionale stato di conservazione, conteneva ancora tutto il carico (anfore con derrate alimentari, lingotti di piombo, alcuni tempietti votivi in piombo). L’intero carico nonché le attrezzature e l’abbigliamento dell’equipaggio sono esposti nel museo, insieme a una ricostruzione della nave. Difatti al 2016, a 35 anni dal ritrovamento, il relitto risulta ancora in fase di « restauro » e « consolidamento » e la sua visione è interdetta al pubblico.
Torre dell’Orologio (risalente al Trecento)
Loggia dei Mercanti o del Grano
Ospedale San Camillo, sede del Museo del Delta Antico
Loggiato dei Cappuccini, formato da 142 archi sostenuti da altrettante colonne di marmo e lungo oltre 400 metri.
Il Centro Visite del Parco del Delta del Po organizza escursioni nelle Valli di Comacchio, per mostrare le antiche pratiche di gestione della valle, pesca e marinatura delle anguille e delle acquardelle, e contrasto della pesca di frodo. All’interno della Manifattura dei Marinati sono visibili gli antichi camini, le friggitorie per le acquardelle, i locali e gli attrezzi per il trattamento e lo stoccaggio del pesce.
Dove alloggiare e ristorarsi, prendere le timbrature, materiali utili.
Porto Garibaldi: per le timbrature recarsi negli orari di apertura nell’ufficio parrocchiale.
Parrocchia Immacolata Concezione Di Maria a Porto Garibaldi
Via Bonnet, 44029 Comacchio FE
Telefono : 0533 327156
LA MAPPA DEL PERCORSO
https://www.viaemisericordiae.org