PORTO GARIBALDI (2m s.l.m.)
MADONNA DEL BOSCO (6m s.l.m.)
VARIANTE: RACCORDO CON COMACCHIO
Dislivello: ↑13m ↓12m
Lunghezza: 25 km
Tempo: 7h
Collegamento: Via Romea Germanica
Ufficio turistico Comacchio: 0533 314154
Per i referenti percorsi, posto tappa, e timbrature consultare la pagina contatti
Scarica il file kmz apribile con google earth
E’ la seconda tappa del cammino Viae Misericordiae, percorre quasi l’intero tragitto avendo l’acqua come compagna di viaggio..
Dalla chiesa dell’Immacolata Concezione di Maria di Porto Garibaldi si attraversa viale Nino Bonnet per portarsi in via Teano al fine di arrivare in via Matteotti-Caduti del Maree prendere il traghetto per Lido degli Estensi,gratuito per chi presenta la credenziale del cammino Questo tratto si snoda attraverso le strade cittadine,dove prosegue per via Giacomo Leopardi,si passa davanti al porto turistico Marina degli Estensi,per arrivare in via Cagliari. Via Cagliari ci porterà fuori dall’abitato e passando sotto al trafficato ponte Albani si prosegue in via della Corriera Antica costeggiando il Canale Pallotta.
Si comincia a sentire il silenzio e l’odore delle valli. All’altezza del ponte alleato Balley si prosegue dritto salendo sull’argine del canale fino ad arrivare ad uno spiazzo dove ora vi è uno scalo per pescatori di vongole. Si salirà sul ponte con paratoie motorizzate per l’afflusso delle acque nelle valli e si comincia a percorrere il sentiero dapprima sui dossi ricoperti di salicornia in direzione ovest,poi salendo sull’argine che divide il canale Pallotta con veduta sulle saline di Comacchio. Si prosegue sull’argine in direzione Stazione Foce, centro dell’Azienda Valli Comunali di Comacchio,e non toglieremo gli occhi dagli stormi di fenicotteri rosa che stazionano tra dossi e valli. E il rinnovato casone Bettolino di Foce oggi trattoria e punto di appoggio per rifocillarsi e riempire le borracce di acqua. Si prosegue pio in direzione Comacchio arrivando ad valtro ponte Balley,e anche questo,lasciandolo sulla destra proseguiremo su uno stupendo argine che ci condurrà in località Fosse. Appena passata la sbarra,a sinistra si vedranno le rovine di una casa che è servita per le riprese del film” L’Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo. Si prosegue e a sinistra apparirà la valle nella sua grandezza. A metà dell’argine incontriamo il casone Donnabona e successivamente le rovine del casone Caldirolo. Arrivati all’idrovora di Fosse,grande struttura nata per bonificare la grande valle del Mezzano ora contribuisce a mantenere le terre che sono sotto il livello del mare gireremo a sx costeggiando la strada non molto trafficata chiamata Argine Agosta, che divideva a destra la valle del Mezzano, oggi bonificata, e a sinistra la valle rimasta ,lasciandoci sulla sx la postazione di guardiania Fosse. Percorreremo la strada Agosta per circa 8,5 km, avendo un cappello se batte il sole o un buon equipaggiamento se piove o tira vento, perché è un tratto scoperto. Raggiungiamo,lasciandola a dx l’idrovora Umana di Anita,proseguiamo dritto superando la deviazione che porterebbe a sx al traghetto sul Reno per S. Alberto e la stupenda zona denominata Prato Pozzo.
Giunti ad una curva a 90° si prosegue dritto su via Casso Madonna. Nome bizzarro che indica le casse di espansione del fiume Reno,dove in caso di piena vengono convogliate le acque. La strada diventa sterrata e ci porta,girando più avanti,prima a dx poi a sx sull’argine del fiume Reno,dove proseguiremo fino ad arrivare al ponte che attraversiamo in direzione Alfonsine. 500 mt dopo il ponte a dx ci appare il santuario della Madonna del Bosco,fine tappa e luogo di sosta per le membra e per la mente.
RACCORDO COMACCHIO
Da Comacchio si parte dal Santuario di Santa Maria in Aula Regia, la Madonna del Popolo, nella parte occidentale della città: oltre ad istanze devozionali per il salvamento di Comacchio dalle acque del Po nel 1645, nelle intenzioni del cardinale legato Stefano Donghi (1644-1648), si prosegue lungo un porticato di 142 arcate, realizzato verso la metà del Seicento, denominato Loggiato dei Cappuccini. Nel XVI secolo infatti fanno il loro ingresso i padri cappuccini, voluti dal duca Alfonso II d’Este. Nel 1619 ha luogo l’incoronazione ufficiale della statua della Beata Vergine. L’attuale edificio risale al 1665, mentre la facciata neoclassica fu fatta costruire nel 1888. L’interno, ad un’unica navata, è coperto con volte a crociera, l’abside, a forma rettangolare con volta, comprende l’ancona in legno dipinto che ospita la statua chiamata un tempo Madonna del popolo, opera tardorinascimentale dell’arte ferrarese. Adiacente al santuario si trova il Museo Mariano di Arte Sacra Contemporanea, fondato nel 1978 per documentare la presenza del “sacro” nell’arte contemporanea. Accanto a stampe antiche sono esposte opere di Remo Brindisi, Aldo Bergonzoni e Arnaldo Pomodoro. Nel loggiato si apre l’accesso all’attuale Museo della Manuifattura dei Marinati, nella sede del’ex Azienda Valli Comunali. Seguendo Corso Giuseppe Mazzini si arriva al Duomo di San Cassiano, L’attuale, progettata dall’architetto romano Angelo Cerruti e consacrata nel 1740, appare, specie se contestualizzata allora, davvero di una grandezza spropositata se raffrontata al contesto urbano, che domina con la sua mole imponente. La facciata in mattoni, ad eccezione dei capitelli, dei basamenti delle paraste, dell’alto zoccolo e del prominente cornicione mediano, tutti in pietra d’Istria, segue i canoni estetici dell’epoca.
La struttura interna è ad unica navata centrale con cappelle laterali. Scenografico sullo sfondo l’imponente altare in marmo con angeli ai lati, complementare alla finta ancona monocroma del bolognese Giuseppe Gotti, con i santi Mauro e Nicola da Tolentino che circondano la cinquecentesca immagine lignea di San Cassiano, il protettore della città e della diocesi. Di particolare interesse anche il coro, dono del vescovo d’Arcano, che gira attorno all’intera abside in duplice ordine di stalli e l’organo costruito nel 1728 da Gian Domenico Traeri, collocato sopra la porta centrale d’ingresso.
Nella piazza sul fianco del duomo si innalza coeva la Torre Campanaria, opera del veneziano Giorgio Fossati. All’entrata della chiesa una tavola pittorica illustra l’ambizioso progetto originale, che si ridusse di altezza, perdendo lo slancio iniziale, a seguito di un crollo verificatosi a lavori praticamente ultimati nel 1757 che lasciò intatta solo la base in pietra d’Istria. Il campanile fu riedificato dopo oltre un secolo nel 1868. Proseguendo si entra nella zona pedonale del centro storico e si girerà a destra in Via Edgardo Fogli seguendo il canale della Marchesana si giunge al ponte degli Sbirri, dove avevano accesso le prigioni, e dalla cima del ponte la vista spazia sui monumenti principali di Comacchio, il ponte dei Trepponti, il Museo del Delta Antico, nel luogo che fu l’ospedale degli infermi dedicato a San Camillo e al Palazzo Bellini, sede museale e vecchio luogo dove si nelle pertinenze si lavoravano le anguille. Proseguendo si arriva in via San Pietro che porta all’uscita di Comacchio passando sul ponte mobile e entrando nel comparto vallivo di Valle Fattibello. Si proseguirà sull’argine per tre chilometri per raccordarsi al cammino che era partito da Porto Garibaldi e si proseguirà a destra in direzione Alfonsine.
Siti utili
http://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/madonnaboschi.htm
Luoghi di interesse
Porto Garibaldi
chiamata Magnavacca frazione di Comacchio con circa 4000 abitanti. Il vecchio toponimo derivava presumibilmente dal latino Magno Vacuum, Il Grande Vuoto. Per Rione Magnavacca si intende il più antico quartiere dell’attuale Porto Garibaldi, che in età romana si chiamava Magnum Vacum, poi in epoca medioevale mutò in Portum Majavache, e intorno al diciassettesimo secolo di Magnavacca ed infine nel 1919 in Porto Garibaldi, in onore dello sbarco e suo salvamento di Giuseppe Garibaldi e Anita (3 agosto 1849).
Intorno al 1600 sorsero i primi fabbricati in muratura, fra questi: la torre di guardia detta Torre Bianca o Torre Lambertini, il Bettolino, la casa del Conte Ciabatta (governatore del porto), quella del Dazio, dell’operatore del Faro, i magazzini del sale, più alcuni pozzi per l’approvvigionamento di acqua dolce per i residenti e per i pescatori che lì approdavano e chiunque altro ne facesse uso.
Nel secolo XIX si eresse il fabbricato della Dogana e Delegazione di Porto, le abitazioni dei possidenti di fondi agricoli, la nuova Chiesa Parrocchiale, il Circolo Mazzini, le scuole elementari, il lazzaretto, alcune osterie, una locanda, la posta ed uno stabilimento per i bagni di mare, e abitazioni ad un solo piano con tetti in canna palustre (detti Casoni).
Comacchio
« … e la città ch’in mezzo alle piscose paludi, del Po teme ambe le foci, dove abitan le genti disiose che ‘l mar si turbi e sieno i venti atroci. »(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, III, 41).
E’ sotto l’aspetto paesaggistico e storico uno dei centri maggiori del delta del Po. Ha origine circa duemila anni fa, durante la propria storia fu assoggettata al potere dell’Esarcato di Ravenna prima, del Ducato di Ferrara in seguito, per poi tornare a far parte dei territori dello Stato Pontificio.
L’etimologia del nome è incerta (greco-latino cumaculum= “piccola onda”; “raggruppamento di dossi” in etrusco). La fondazione viene attribuita agli Etruschi, che erano già stanziati nel Delta del Po. Vicino a Comacchio si trovava infatti la città etrusca di Spina.
Sorta sull’unione di tredici piccole isole (cordoni dunosi litoranei) formatisi dall’intersecarsi della foce del Po di Primaro col mare, ha dovuto orientare il proprio sviluppo, sia sul piano dell’urbanistica sia su quello dell’economia, sull’elemento acqua.
In seguito alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Comacchio entrò a far parte dell’Esarcato d’Italia Il primo vescovo della città di cui si ha memoria fu Pagaziano (menzionato nel 503 e nel 504). Comacchio passò poi sotto il Regno Longobardo dopo il Capitolare di Liutprando del 715 . In epoca longobarda il territorio venne donato ai monaci di san Colombano; divenne così un possedimento del grande Feudo monastico di Bobbio. I monaci vi installarono il porto fluviale, inoltre svilupparono l’agricoltura e l’allevamento. Infine migliorarono lo sfruttamento delle saline, il cui sale era trasportato in tutto il nord d’Italia. Tra i secoli dal VI al IX Comacchio dispose di una delle più potenti flotte dell’Adriatico entrando direttamente in concorrenza con Venezia.
Ma Venezia non accettò la presenza di un’avversaria nella stessa area geografica. Nell’anno 866 i veneziani occuparono Comacchio e la saccheggiarono una prima volta. Nell’875 Venezia stessa fu minacciata dalle incursioni dei saraceni, i quali si scagliarono contro Comacchio, incendiandola.
Per ben cinque volte nell’Alto Medioevo Comacchio fu assediata e presa dalla repubblica marinara, finché passò sotto il dominio degli Estensi nel 1299.
Con l’esaurirsi della dinastia estense, nel 1598 ritornò sotto la giurisdizione della Chiesa, che la pose nella neonata Legazione di Ferrara. Comacchio fece parte dello Stato Pontificio fino al marzo 1860, quando i territori delle ex Legazioni furono annessi al Regno di Sardegna per effetto dei plebisciti.
I ponti sono l’elemento qualificante del centro storico di Comacchio, dato che il centro abitato antico sorgeva su piccole isole collegate le une alle altre.
Complesso architettonico dei Trepponti. Creato nel 1634 dall’architetto Luca Danesi, è costituito da cinque ampie scalinate (tre anteriori e due posteriori), culminanti in un piano in pietra d’Istria; è il simbolo di Comacchio.
Ponte degli Sbirri, secentesco Palazzo Bellini, ottocentesco, ospita la Galleria d’Arte Contemporanea, l’Archivio Storico, la biblioteca e gli uffici dell’Assessorato alle istituzioni culturali.
Museo del Carico della Nave Romana, ospita il carico di una nave commerciale di epoca imperiale, riemersa nel 1981 durante i lavori di drenaggio di un canale. La nave, in eccezionale stato di conservazione, conteneva ancora tutto il carico (anfore con derrate alimentari, lingotti di piombo, alcuni tempietti votivi in piombo). L’intero carico nonché le attrezzature e l’abbigliamento dell’equipaggio sono esposti nel museo, insieme a una ricostruzione della nave. Difatti al 2016, a 35 anni dal ritrovamento, il relitto risulta ancora in fase di “restauro” e “consolidamento” e la sua visione è interdetta al pubblico.
Torre dell’Orologio (risalente al Trecento).
Loggia dei Mercanti o del Grano.
Ospedale San Camillo, sede del Museo del Delta Antico.
Loggiato dei Cappuccini, formato da 142 archi sostenuti da altrettante colonne di marmo e lungo oltre 400 metri.
Il Centro “Visite del Parco del Delta del Po” organizza escursioni nelle Valli di Comacchio, per mostrare le antiche pratiche di gestione della valle, pesca e marinatura delle anguille e delle acquardelle, e contrasto della pesca di frodo. All’interno della Manifattura dei Marinati sono visibili gli antichi camini, le friggitorie per le acquardelle, i locali e gli attrezzi per il trattamento e lo stoccaggio del pesce.